Zangheri Italicus

Il discorso del sindaco Renato Zangheri alla manifestazione del 9 agosto 1974 in Piazza Maggiore a Bologna

Salutiamo le vittime della strage con dolore e con profonda amarezza, rivolgiamo alle famiglie colpite un affettuoso e commosso sentimento di cordoglio e solidarietà umana, ai feriti formuliamo l’augurio di tornare al più presto alla vita e al lavoro.

Su queste bare non diciamo vane parole, non esprimiamo buoni ed effimeri propositi; ma esprimiamo la dura determinazione, che è della schiacciante maggioranza degli italiani a combattere queste trame che insanguinano il Paese, per sconfiggerle e stroncarle per sempre.

L’omaggio di Bologna viene dal cuore di una città che è antifascista senza incertezza, civile e nemica della violenza e della sopraffazione: è un segno di lutto e di compianto intimamente sentito; e anche vuole essere atto di condanna ferma degli esecutori del delitto, dei mandanti, delle centrali interne ed internazionali che reggono le fila di una mostruosa strategia della tensione e del crimine.

E’ la strategia del fascismo. Le forze politiche e sindacali democratiche, tutta l’opinione pubblica l’hanno affermato ormai al di là di ogni dubbio. Vi è solo un nemico della democrazia, sia pure coperto di mutevoli vesti e pronto ad usare tecniche diverse. Questo nemico è il fascismo. E non so e non interessa sapere se vecchio o nuovo, e come allevato, a quali fonti nutrito. E’ il cieco odio per la libertà delle persone, per la libera competizione delle idee, per l’avanzamento dei lavoratori, che costituisce l’essenza del fascismo e che si manifesta in questo momento nelle forme più atroci del terrorismo. Ma un cordone ombelicale lega i terroristi ai lividi ideologhi neonazisti, agli esponenti del regime, impuniti e ricomparsi sulla scena politica. Comune è il loro obiettivo di screditare la democrazia e ferirla a morte, comune il loro disprezzo per la vita e la dignità dell’uomo.

A pochi chilometri da San Benedetto Val di Sambro c’è un paese i cui abitanti furono sterminati col ferro e col fuoco dalle belve naziste. Loro alleati e complici erano i fantocci fascisti. Le odierne alleanze e complicità non possono più a lungo restare nascoste. I figli dei carnefici di Marzabotto sono tornati a colpire con la stessa disumana ferocia. Chi vi sia dietro, chi li sospinga, chi appena maschera la nostalgia del passato, osserva, c’è da credere, con compiacimento e benevolenza le gesta di questi efferati seguaci della violenza, e attende il momento di farsi avanti per stabilire un suo ordine, l’ordine del silenzio, della paura, l’ordine nero, che sarebbe poi, come già è stato, il peggiore disordine, l’eversione di tutti i valori politici e morali ed anche solamente umani.

Un simile disegno non può essere più accettato però neanche da piccole minoranze, e perciò i criminali si nascondono, i mandanti restano nell’ombra. Ma vanno finalmente snidati e portati alla luce del sole e colpiti senza misericordia. Tutti i pubblici poteri debbono agire con minori esitazioni, con decisione e fermezza, con rapidità. Non è ammissibile che le indagini ristagnino, che tempo prezioso venga perduto, che si attenda che le tracce lasciate dai banditi scompaiano. Dopo Brescia il popolo ha atteso mosse più concrete, risultati più consistenti. Ma la nuova strage non deve restare impunita.

E’ necessario non perdere il vantaggio che in questa occasione si è conseguito con l’arresto dei fascisti bolognesi. Attendiamo che la magistratura ottenga le prove e le informazioni necessarie per risalire ai livelli più alti della gerarchia del terrore. Dipendono dall’esito di questa indagine forse altre vite umane, la possibilità di evitare altri complotti, è in gioco, più in generale, la fiducia dei cittadini negli organi della giustizia, la sorte stessa di questa guerra sorda e spietata che si combatte dai neri sicari del terrore contro la democrazia, la sicurezza, la libertà dei cittadini.

E per questo l’invito che il paese rivolge a chi ha responsabilità statali è di procedere con maggiore e crescente decisione. Ai criminali non deve essere data tregua. Ciò che è necessario cambiare sia cambiato negli orientamenti politici e nelle procedure di tutela dell’ordine pubblico. Alla prova di saldezza che gli italiani hanno dato in questi anni e continueranno a dare, deve corrispondere l’azione coerente e inflessibile degli organi dello Stato, se lo Stato vuole mantenere la sua ragion d’essere, se vuole esercitare il suo ufficio, se non vuole essere travolto da una irreparabile crisi di disorientamento e sfiducia.

Ci si chiede da molti anni quali armi usare nella lotta contro la trama eversiva che avvolge tragicamente il Paese. Diciamo da questa città partigiana, medaglia d’oro della Resistenza, da questa terra ricca di tradizione di lotta per la liberazione degli uomini dall’ingiustizia, che la Costituzione è l’arma necessaria e sufficiente per combattere il fascismo: nessun’altra può avere successo, nessuna scorciatoia è idonea e possibile, se non si vuol scendere sul terreno minato dei nemici della democrazia: la Costituzione con la sua ispirazione profondamente democratica e popolare, con la sua indicazione chiara a promuovere ed assicurare la partecipazione dei lavoratori alla direzione della società e dello Stato: la Costituzione, con la sua esplicita direttiva antifascista. Questa è la nostra arma, questa è la base della nostra forza. La Costituzione non è scritta su una carta che si possa stracciare, è scritta nell’animo di milioni di donne e di uomini, certi del loro diritto, pronti ad assumersi ogni responsabilità. Uomini e donne che sanno per esperienza diretta e sofferta che la strada maestra per salvaguardare i diritti conquistati e per mantenerne aperta una prospettiva di avvenire è la strada irta di ostacoli e complicata e difficile, ma sicura delle battaglie democratiche, delle lotte del lavoro, del libero confronto delle idee.

Conosciamo difetti ed errori di questa democrazia; ma essa è più forte dei suoi nemici se sa attingere vigore da questa consapevolezza e maturità popolare. Il senso di responsabilità e la combattività delle masse sono emersi in questi giorni in piena luce. Le assemblee elettive si sono poste al centro della mobilitazione e dell’impegno antifascista. Esse rappresentano un presidio intatto e potente delle libertà democratiche. Dal Paese, da ogni sua legittima espressione, sale una domanda di pulizia e di giustizia alla quale deve essere data risposta con fatti, decisioni, misure drastiche e definitive. Non deve più incombere sul nostro popolo la minaccia e diciamo pure il ricatto di una eversione violenta ogni volta che si delinea l’esigenza e la possibilità di un rinnovamento e di un progresso. Chi vuole conservare rispetti le regole democratiche, come le rispetta chi vuole rinnovare. Sia impedito il ricorso alla forza da parte di gruppi incapaci di adeguarsi al naturale evolvere delle situazioni sociali e politiche.

Certo, le radici del fascismo sono ramificate e profonde. Sono nell’arroganza dei potenti, in aberranti ideologie, in suggestioni e appoggi internazionali. Tali radici vanno recise con il coraggio dei momenti gravi, poggiando sulla forza di una salda coscienza popolare, che sarebbe follia e colpa offendere, e che oggi si dispiega in tutto il suo vigore; vanno recise creando il necessario clima politico, favorendo anziché ostacolare l’avanzate delle idee e delle forze che si muovono nello spirito della Costituzione della Repubblica.

Al raggiungimento di questo obiettivo, che viene prima e sopra ogni altro, Bologna e l’Emilia Romagna offrono, signor Presidente della Repubblica, il loro contributo di mobilitazione e di iniziativa. Se la trama nera volesse stringere da vicino questa città e questa regione, troverà adeguata risposta. Qui la democrazia affonda nella vita stessa e nella storia, non si riduce a riti formali; qui il popolo conosce tutte le asprezze e tutta la nobiltà di una lotta che sa essere suprema. Vogliano comprendermi coloro che in questo momento soffrono, i familiari delle vittime, vogliano comprendermi i presenti, se io termino questo saluto con una parola non di pietà, che pure è intesa nel mio animo, ma di lotta: viva la democrazia, viva la Repubblica, viva l’Italia antifascista.

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