MEDAGLIA D’ORO AL VALORE CIVILE ALLA CITTÀ DI BOLOGNA
13 luglio 1981
A seguito del criminale attentato terroristico che sconvolse duramente la città, l’intera popolazione, pur emotivamente coinvolta, dava eccezionale prova di democratica fermezza e di civile coraggio. In una gara spontanea di solidarietà collaborava attivamente con gli organi dello Stato, prodigandosi con esemplare slancio nelle operazioni di soccorso. Contribuiva così per la tempestività e l’efficienza a salvare dalla morte numerose vite umane, suscitando il plauso e l’incondizionata ammirazione della nazione tutta.
I soccorsi vennero organizzati immediatamente: “La prima ambulanza è piombata sul piazzale della stazione neppure due minuti dopo”. Così il “Resto del Carlino”, giornale cittadino, raccontava la reazione allo scoppio della bomba in stazione. Ancora prima dell’arrivo di ambulanze e di vigili del fuoco i sopravvissuti vennero aiutati da passanti, ferrovieri e tassisti. Anche le automobili private furono utilizzate per il trasporto dei feriti e fecero la spola fra stazione e ospedali.
Dai pompieri ci vengono alcune testimonianze su quei momenti. Un vigile del fuoco, Roberto Chinni, andò a cercare negli ospedali un bambino che aveva tirato fuori dalle macerie: “L’ho tirato io fuori, scavando con le mani. Poveretto, aveva una gambina ingessata, chiamava il papà. Quando l’ho preso in braccio non mi lasciava più andare. Vicino a lui c’erano dei morti, forse il padre era uno di quelli. Era ferito, sì ma non mi sembrava grave. Non vorrei che fosse morto anche lui”. E’ una storia raccolta da Leonardo Vergani, inviato dal “Corriere della Sera” sul teatro della strage.
Le lunghe catene umane in cui venivano passati i calcinacci, i mattoni che si spostavano tentando di liberare la zona dell’esplosione, sperando di trovare persone vive, seppur ferite, sotto le macerie.
Si affollarono in piazza Medaglie d’oro, sul primo binario e negli altri locali della stazione volontari, vigili del fuoco, soldati di leva, vigili urbani, uomini delle forze dell’ordine, facchini e ferrovieri: spesso si trovarono a lavorare fianco a fianco persone diverse. Da un cantiere vicino giunsero quasi immediatamente ruspe e scavatori, poi affiancati da altri mezzi.
Testimonianza di un volontario che ha prestato soccorso dopo la strage del 2 agosto 1980
Nelle testimonianze dei feriti il ricordo è quello di aver avuto soccorsi immediati, di essere stati accolti negli ospedali e curati prontamente, di avere trovato anche comprensione e consolazione. “Poco dopo l’esplosione – ha riferito Francesco Speziale, il medico in servizio in quelle ore all’ambulatorio della stazione – qui sembrava un mattatoio. Ho sentito un’esplosione fortissima, mi sono voltato di scatto – ha aggiunto il sanitario – ho visto lo stabile delle sale d’aspetto e del ristorante bar saltare letteralmente in aria. Poi tutto ha tremato qui attorno. Pochi attimi dopo qui c’erano i primi feriti. Alcuni erano molto gravi, avevano fori nella testa, braccia e gambe rotte, lesioni interne. Con altri colleghi, giunti poco dopo, abbiamo fatto le prime medicazioni. Poi, man mano che c’era la disponibilità delle autoambulanze, i più gravi venivano avviati agli ospedali”. (“Il giorno”, 3 agosto 1980).
Miriam Ridolfi, appena nominata assessore al decentramento, organizzò un Centro di coordinamento dove fu possibile, per i parenti delle vittime e dei feriti, essere accolti, assistiti ed ospitati. Nella notte del 2 agosto venne terminato il primo lavoro di sgombero delle macerie, tutti i feriti erano stati soccorsi ed i morti ricomposti negli obitori trasportati anche con quell’autobus 37 che divenne nelle immagini e nel ricordo uno dei simboli di quei momenti. Agide Melloni classe 1949, autista Atc, per sedici ore fu alla guida di quell’improvvisato carro funebre. Nella notte del 2 agosto venne terminato il primo lavoro di sgombero delle macerie, tutti i feriti erano stati soccorsi ed i morti ricomposti negli obitori.