Le 16 vittime:
Giovanbattista Altobelli – Nato ad Acerra (NA) il 1° maggio 1933. Operaio.
Anna Maria Brandi – Nata a Hainée St. Paul La Louvrière (Belgio) il 5 giugno 1958. Studentessa universitaria.
Angela Calvanese in De Simone – Nata a Napoli il 10 agosto 1951. Insegnante.
Anna De Simone – Nata a Napoli il 21 dicembre 1975. Scolara.
Giovanni De Simone – Nato a Napoli il 10 maggio 1980.
Nicola De Simone – Nato a Napoli il 1° maggio 1944. Operaio.
Susanna Cavalli – Nata a Parma il 17 gennaio 1962. Studentessa universitaria.
Lucia Cerrato – Nata a Napoli l’11 novembre 1908. Pensionata.
Pier Francesco Leoni – Nato a Parma l’11 marzo 1961. Studente universitario.
Luisella Matarazzo – Nata a Torino il 26 gennaio 1959. Studentessa universitaria.
Carmine Moccia – Nato a Luogosano (AV) il 18 aprile 1953. Operaio.
Valeria Moratello – Nata a Verona il 6 marzo 1962. Studentessa universitaria.
Maria Luigia Morini – Nata a Imola (BO) il 25 giugno 1939. Vigilatrice d’infanzia.
Federica Tagliatatela – Nata a Napoli l’11 giugno 1972. Studentessa.
Abramo Vastarella – Nato a Napoli il 23 Marzo 1955. Carpentiere.
In seguito al trauma riportato:
Gioacchino Taglialatela – Nato a Ischia (NA) il 26 Aprile 1937. Geometra, padre di Federica.
Dopo il boato, il fragore, udito dai passeggeri con intensità diversa a seconda della distanza che li separava dal luogo dello scoppio, qualche istante di silenzio irreale:
Non si è sentito niente, non si sono sentiti rumori, non si sono sentiti boati. La cosa più traumatizzante a ricordare: il silenzio. Totale, assoluto. Per… questione di secondi forse, non lo so, non so stabilire quello che era (intervista a una superstite).
E poi subito il caos: urla di disperazione, di dolore, di terrore; gente in preda al panico che salta giù dal treno; c’è chi scappa, senza sapere dove, senza realizzare che la galleria è troppo lunga per poterne uscire a piedi, in una direzione come nell’altra; ma non importa, conta solo fuggire, allontanarsi dal quel pandemonio:
Ci fu quel rumore terrib… successe un macello pazzesco: cose che ci caddero addosso, un rumore enorme. […] Le prime parole, appunto, che ricordo è Antonio che dice: “È un macello, è un macello, aiuto, un macello!” (intervista a una superstite).
C’è stato un bagliore fortissimo, una luce fortissima che ha attratto la mia attenzione alle mie spalle. Mi sono girato d’istinto, il vetro è andato in frantumi e alcuni pezzi mi hanno preso sul viso, come vedi. Istintivamente mi sono coperto la nuca con le braccia – tant’è vero che le braccia sono la parte più colpita – poi sono caduto per terra sulle ginocchia di mia madre, siamo rimasti lì diversi minuti, credo ci sia stata una specie di scossa elettrica o qualcosa del genere. […] Io avevo un buco in un’arteria che zampillava, c’era il sangue che zampillava fuori. […] Io non riuscivo ad aprire gli occhi perché avevo tutte le palpebre – le vedi, sono tutte ricucite – piene di frammenti. […] Le urla che sentivo intorno a me, gente che correva dovunque, gente che mi calpestava. Io ero steso per terra con la testa sulle ginocchia di mia mamma seduta dietro di me; la gente correndo nel buio mi calpestava e io non avevo nemmeno la forza di urlare. […] Mi davano a parlare continuamente per non farmi addormentare, perché il medico diceva: “Se si addormenta è praticamente spacciato” (intervista a un superstite).
Alla fine i morti saranno quindici (di cui otto napoletani) e i feriti più di 260 (di cui più di cinquanta napoletani). Un sedicesimo passeggero morirà qualche mese dopo in seguito ai traumi subiti in quella tragica circostanza.
Ad aumentare quello stato di angoscia contribuisce il fatto che salta la corrente elettrica e, essendo sotto una galleria, con la nube di fumo che si sprigiona – tra l’altro anche tossica e, quindi, pericolosa per i superstiti – ci si ritrova completamente al buio, nella quasi totale incapacità di vedere alcunché, di rendersi conto di cosa sia accaduto e delle cause di quella incomprensibile situazione:
I ricordi netti che più mi hanno resa drammatica la situazione sono stati la puzza, l’odore che c’era lì sotto, il non sapere cosa fosse successo, cioè che è successo? Cosa diavolo è successo? Perché è successa questa cosa? È caduta la galleria? Che diavolo è successo? Quindi l’impotenza di non sapere come comportarsi di fronte a qualcosa che non sapevi cosa fosse (intervista a un superstite).
In quel momento non ho capito che era una bomba, perché ho avuto l’impressione come se qualcuno avesse buttato una pietra vicino al vetro. Perché infatti si sono rotti tutti i vetri del finestrino e la prima cosa che ho fatto, ho messo le mani al viso perché tutte le schegge mi sono andate al viso. […] Poi ci hanno fatto scendere dal treno. Io non lo so cosa sentivo sotto alle mani, quella melma, perché era tutto umido, la parete del tunnel. Allora mi è venuta una crisi di nervi, ché non sapevo dove stavo camminando, ecco. Magari ci potevano essere anche i morti e io camminavo sui morti però non vedevo niente (intervista a una superstite).
Stavo leggendo il giornale e stavo seduto lato corridoio. Improvvisamente un vento fortissimo in faccia, chiudo gli occhi istintivamente. Mi ricordo che immaginavo che qualcuno avesse aperto il finestrino e stava entrando tutta terra che mi andava in faccia. In realtà erano i vetri che mi andavano tutti su questo lato qua. […] Gente che ci passava davanti insanguinati, non si sapeva niente, perché poi non si vedeva niente nella galleria. […] Mi ricordo le voci che arrivavano da lì: voci che chiedevano aiuto e… fu brutto (intervista a un superstite).
In particolare, chi ha potuto assistervi non può dimenticare la disperazione dei genitori della piccola Federica, la ragazzina di Ischia deceduta a soli dodici anni, i quali, scesi dal treno, si rendono conto che la loro figliuola è rimasta sotto il groviglio di vetro, lamiere e macerie causato dall’esplosione:
Insomma c’era questa situazione drammatica, ma la cosa più drammatica ancora era questa: che a pochi metri da noi c’era una signora che urlava: “Federicaaa, fatemi entrare!”. Cioè, che era successo: che io mi ricordi, la mamma di Federica Taglialatela era uscita ma non aveva potuto portare con sé la figlia che era rimasta dentro e questa signora è stata tutte e 4 le ore, 5 ore, che siamo stati in galleria ad urlare che voleva rientrare, voleva recuperare la figlia. “Federica”, cioè quest’urlo, “Federica, Federica” e lei che stava là fuori si disperava perché la figlia era rimasta dentro (intervista a una superstite).
A un certo punto questo fumo acre non riusciva proprio più a farci respirare. Io sentivo, ricordo, il fumo nelle narici e ricordo le urla delle persone, ricordo le urla del papà di Federica che urlava il suo nome, urlava: “Federica, Federica”, non me lo dimenticherò mai! Ce l’avevo 3 metri dietro, credo, non ho mai sentito urlare una persona così: disperata! (intervista a un superstite).
Una strage che avrebbe avuto proporzioni maggiori se, come forse era nelle intenzioni degli autori, la bomba fosse esplosa mentre il treno incrociava un convoglio che stava per giungere in direzione opposta; o se tale convoglio fosse transitato quando molti dei passeggeri del 904 erano sul binario ad esso destinato, in preda al panico. È solo grazie al tempestivo intervento del macchinista, il quale blocca immediatamente tutta la circolazione, che quell’evenienza viene scongiurata. Pur tuttavia, più di qualcuno è colto da un simile pensiero rimanendone atterrito:
Siamo scesi da questo treno tutto sgangherato, tutto così, in questo buio pesto della galleria – perché non c’era un po’ di luce – e la prima cosa che mi ha terrorizzato, l’idea che ci fosse un altro treno che mi investisse. Quindi non vedevo via di scampo, sono stati attimi di terrore proprio! […] Infatti dicevo a mia cognata: “Ma perché non ce ne andiamo, che stiamo a fare qua!”. Cioè io ero terrorizzata dall’idea di stare là e di morire come una cretina con un treno che mi travolgeva. […] Quindi in un primo momento io sono stata terrorizzata dall’idea di fare una morte proprio… assurda! Non vedevo via di scampo, non c’era via di scampo! (intervista a una superstite).
Dunque, è stata un’esperienza che definire traumatizzante è sicuramente riduttivo. Anche con il trascorrere del tempo, quando i ricordi iniziano a sfumare, i loro contorni a perdere nitidezza e una vita comincia a perdersi nelle crepe della memoria, nell’incipiente difficoltà di ricostruirla, di darle un effettivo stato di “realtà” attraverso una narrazione basata sulla memoria stessa, non sfumano certo le terribili sensazioni a suo tempo provate.
[testimonianze raccolte da Gianpaolo Iannicelli, in La strage del treno 904, Ipermedium, 2006].