Roberta

Ho 16 anni.
Da perfetta adolescente ho rifiutato di andare in vacanza coi miei genitori…troppo da “cinni”. Sono rimasta a casa con mia nonna e mia sorella, ventenne.
Troppo caldo a Bologna, i miei amici tutti in vacanza, mia sorella che vedo raramente e solo a pranzo perché impegnata nei suoi affari. Quasi quasi raggiungo i miei……sempre meglio l’arietta fresca di Chianciano Terme che questa afa!
E poi ho proprio voglia di stare un po’ con loro!
Glielo propongo, a loro va bene…
Caspita, si fidano di me! Mi lasciano prendere il treno da sola, fare il cambio a Firenze, stare tante ore in treno DA SOLA! Sarà che sto diventando grande ? …mi sa proprio di sì!
Parto da casa con una sacca a forma di scarpa da ginnastica, che buffa, sicuramente in treno mi noteranno… e la borsetta, quella bella, di cuoio, quella che ho fatto io alla settimana autogestita, a scuola.

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Prendo la corriera da Castel Maggiore e arrivo in stazione in anticipo. Sono le 09,50 e il mio treno è alle 10.15. Faccio il biglietto. Sono in fila e sento che annunciano che il mio treno è in ritardo perché prima, sul primo binario, transiterà un treno speciale per Basilea
Ho un po’ di tempo in +, ma vado verso il mio binario. Faccio presto, è il primo.
Appena uscita dalla biglietteria vado all’edicola che è sul primo binario e mi compro….mi compro…LE MONDE. Adoro studiare francese…e poi se incontrerò qualcuno in treno che mi vedrà leggere questo quotidiano, magari attacca bottone pensando che sia francese…. Che ridere, mi è capitato di “far finta” di esserlo con un ragazzo di Pianoro e ci è cascato! Sarà un viaggio spassoso, me lo sento.
le monde
Arriva il treno per Basilea, scendono tanti bambini, tutti in divisa. Che carini!
Dove mi posso mettere ad aspettare….. La ringhiera della scala sul primo binario, quella che porta agli altri binari, è piena di ragazzi seduti in bilico. Ecco, sì…c’è un posticino proprio lì, nell’angolo. Mi ci appoggio, ma tengo attaccate a me le due borse. C’è troppa confusione, non voglio perderle. E’ il primo giorno di ferie per tanta gente: non pensavo che tanti usassero il treno per spostarsi, noi non lo facciamo mai!
Ma quanto manca….che caldo…. A Firenze devo ricordarmi di prendere qualcosa da mangiare. Stasera gelatino e nanna presto, sono davvero stanca.
Mi appoggio e apro il gior……………………………………………………………………
Cos’è questo rumore? Cos’è questo vento? I ragazzi seduti sulla ringhiera sono caduti di sotto. Perché non vedo più niente? Perché non riesco a respirare? Ahia, cosa mi è caduto in testa? Sto morendo, cacchio, mi è venuto un coccolone. Ma io non voglio. Aiuto.
Non sento più niente…tutto rimbomba…è buio….che male che ho. Ma….sono viva?
Cos’è questa cosa che ho dietro la schiena….ah, la saracinesca dell’edicola. Ma come, ero più in là pochi secondi fa.
Beh, allora sono ancora in stazione, sono viva. Se non è venuto un accidente a me…beh, allora cos’è successo?
E adesso cosa faccio?
Ho ancora le mie borse? SIIII, le tengo talmente forte che mi fanno male le mani.
Silenzio. No, proprio silenzio non è….qualcuno si lamenta, ma chi è?
Alzo lo sguardo e, tra il polverone che fa così tanto buio, vedo uno spiraglio di luce.
Se sono all’edicola e vedo la luce….forse sto guardando l’uscita. Vado.
Sono incastrata tra cose pesanti e cose molli. Legno? Valigie? Persone?
Tutto il corpo mi fa male. Mi sento pungere ovunque. Mi fa male la testa. Ma voglio uscire da qui. Uffa…..ma perché proprio oggi….volevo andare in vacanza coi miei genitori!! Uffa!
Scavalco cose, persone, corpi che appena li tocco si lamentano…ma io non posso fare niente, ho troppa voglia di scappare. Faccio fatica a muovermi, a respirare….non voglio stare più qui. Scusatemi…..
La luce, ecco, devo inseguire quello spiraglio di luce.

Sono fuori e c’è un grande silenzio. No, in realtà tutti urlano. Vedo le loro bocche che si muovono e pian piano riesco a sentirli.
Ci sono delle ambulanze. Ma cosa cacchio è successo?????
Qualcuno mi corre incontro. Mi prendo paura della faccia che fa, guardandomi.
Mi dice di andare con lui sull’ambulanza. Non voglio. Io sono qua, sulle mie gambe, c’è tanta gente dentro che non riesce a camminare e che ho pestato, sicuramente gli avrò fatto male…”andate da loro”.
Ma non riesco a dirglielo. Non riesco a parlare. Ho sempre le mie borse attaccate alle spalle…che male che mi fanno xò.
Altre persone mi vengono incontro: tutti si offrono di aiutarmi. Io voglio andare via.
Ma quello lì è un corpo….ma è un uomo morto….MA COS’E’ SUCCESSO?????
Mi giro e NON vedo più la stazione. Oh mio Dio! Voglio andare via di qua.

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TUTTI mi fermano e mi chiedono se ho bisogno: ma perché non riesco a parlare, perché non riesco a dire che vadano dentro che c’è tanta gente?
Che brave persone che ci sono a Bologna.
Vorrei che la mia mamma fosse qui.
Voglio chiamare la mia mamma, dirle che sono viva. Già, sono viva e quell’uomo no.
Non ho il numero dell’albergo di Chianciano…come faccio….
Vado verso l’autostazione: adesso torno a casa. Basta!
Sull’agendina ho il numero della mia nonna che abita qua vicino, forse è meglio che dica qualcosa a lei. All’ennesimo signore che si ferma per aiutarmi faccio capire che deve chiamare il numero della mia nonna. Riesco solo a dire Roberta.
La chiamano click here to find out moreread the full info here hydrosportsscubause this linkhigh end replica watcheself bar tisak, me la passa e mi dice di stare in autostazione che sarebbe arrivata. Le dico solo sì. Quando la vedo scoppio a piangere, finalmente.
Mi porta nel suo ristorante, vicino al Maggiore. Non riesco a smettere di piangere. Ho male. Sento tantissime ambulanze che urlano: sicuramente dentro c’è qualcuno che ho pestato. Mi dispiace, scusate.
Arriva mia sorella. Mi carica in macchina e mi porta all’ospedale di Bentivoglio. Mi puliscono, mi danno dei punti nella spalla. Provano a togliermi i vetri che ho ovunque. Sono piena di ghiaccio per le botte che ho preso.
Mi portano in un altro ambulatorio e passo davanti a una porta a vetri specchiata. Ma sono io quella? Sono nera! Mi hanno già pulita….perchè sono così nera! Perché non riesco a smettere di piangere? Sono viva, che cosa voglio di più?
Voglio parlare con la mia mamma. La mia dada mi porta a casa. Finalmente verso sera i miei genitori riescono a chiamare. Sono morti di paura. Poverini.
Ma non vengono a casa? Perché? Non glielo chiedo, non voglio che interrompano le loro ferie. Ma io li volevo qui, vicino a me.

Passo la notte a letto con mia sorella. Al mattino mi sento solo vuota. Ho male dappertutto. Sono triste. Vorrei parlare di quello che mi è successo. Nessuno mi chiede e io non ho il coraggio di cominciare.
Dopo due giorni mia sorella mi porta dai miei genitori. Quando arrivo mi abbracciano. Così, come se non mi avessero vista dal giorno prima. Nessuno mi chiede niente e io non ho il coraggio di cominciare a parlare.
Il giorno dopo vado all’ospedale di Sarteano per le medicazioni. Mi fanno andare anche i giorni seguenti. Ci sono ancora tante schegge di vetro da togliere dalla testa.
In televisione vedo i funerali delle vittime. Io sono qua…loro no.
Decido che di questa storia non ne voglio più sapere niente.
Mi fa stare troppo male. I miei familiari non affrontano nessun discorso riguardante la strage. I miei parenti, nemmeno.
Ricomincia la scuola e, quando racconto ai compagni che “io c’ero”, a loro non fa per niente effetto. “sei qui, lo racconti. Ti è andata di lusso”. E’ vero, è così. Punto.

Ho 20 anni.
Mi chiama la signora Paola, segretaria dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.
Questa signora cambierà la mia vita. A questa signora devo tutto.
Le comunico che non voglio più sapere niente di questa “brutta cosa” che mi è capitata. Lei insiste, mi chiama e mi richiama. Le dico che ho buttato via tutta la documentazione delle visite che avevo fatto, quindi non potrò fornire niente.
Lei insiste, chiama i vari ospedali e mi fa recapitare le copie delle documentazioni. Mi chiede di costituirmi parte civile nel processo che comincerà a breve. (1987)

Ogni volta che vedo la lapide nella sala d’attesa in stazione, cerco il mio nome.
lapide
Non lo trovo, quindi leggo e rileggo quei nomi.
Perché io non ci sono? Perché io sono viva e loro morti?
Prego il Signore perché dia, finalmente, un senso a questo mio “essere rimasta”.
Spero di non vanificare le sue aspettative. Ma, probabilmente, non ne ha.
Devo riuscire a seguire “quella luce” che mi ha fatto uscire dalla stazione.
La trovo in mia figlia, unica ragione del mio essere ancora viva.
La trovo in chi mi sta attorno e chiede aiuto. In chi mi aiuta nel momento del bisogno. In chi amo e mi ama.

Sarò sempre grata per l’operato dell’Associazione e sono orgogliosa di farne parte.
Grata a chi l’ha fortemente voluta e a chi ha fatto della ricerca della verità e della sete di giustizia il punto focale di tutta la sua vita.
Grata a chi ha provato il dolore della perdita di figli, genitori, parenti o amici e ha ancora la forza di andare avanti, nonostante tutto, con una dignità incredibile .

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